La vita interiore

Fondamento dell'intimità con Dio

Pubblicato: sabato 28 marzo 2009

"Medium vestrum stetit"
"In mezzo a voi sta uno…"

(Joan. I, 26)


"In

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Per molti, il battesimo non consiste che nell’aver il proprio nome iscritto su di un registro, in una sacristia, da un giorno già ben lontano.

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Quando abbiamo ricevuto il Battesimo, eravamo incoscienti: procuriamo di non restarlo per sempre. Ignoranti allora di quello che ricevevamo, non restiamo perpetui ignoranti di quello che abbiamo ricevuto. Perché il Sacramento ci è stato amministrato senza di noi, noi viviamo, come se fossimo senza di esso.

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Si porta alla chiesa un neonato:… Ecco Dio che si muove dal suo trono di gloria, se possiamo così esprimerci. Dove si reca? Dove vanno le Tre persone della SS. Trinità? Verso quale nuovo Paradiso, più splendido, più vasto?... Dove vanno? – Nell’anima di quel bambino sulla fronte del quale scorre l’acqua lustrale. O Dio! Ma sai bene dove vai? E questo bambino, ti resterà sempre fedele?

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Questo neonato fino a poco fa non era che il figlio di un uomo. Ma ora, che esce dalla Chiesa, gli Angeli si inchinano. Ora è figlio di Dio.

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Un bambino viene presentato, appena venuto alla luce alla sua mamma: - "Non ancora! L’abbraccerò quando sarà battezzato". Bell’esempio di fede vissuta. Prima che sia versata sulla sua fronte l’acqua battesimale, quel bambino non è che una ben piccola cosa: dopo possiede in cuor suo l’Altissimo.

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Nel crearci il Signore dà a ciascuno di noi il nostro essere. – Nel Santo Battesimo Egli ci mette a parte in modo soprannaturale dello stesso suo Essere.

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Nel giorno della mi a nascita io fui "figlio di un uomo e di una donna": nati. – Nel giorno del mio Battesimo diventai "figlio di Dio": ex Deo nati.

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Noi festeggiamo l’anniversario del nostro ingresso nel mondo. Perché non facciamo altrettanto – e con più forte ragione – per l’anniversario del nostro ingresso nella Chiesa? Dall’uno all’altro ingresso ci corre come tra la nascita umana e la nascita divina.

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Un missionario domandò ad un vecchio dell’America del Nord, quanti anni aveva: "Non ho che due anni, perché soltanto da due anni il Santo Battesimo mi ha fatto nascere per Dio: gli ottant’anni, che precedettero, non sono stati di vita, ma di morte." – Noi "battezzati" di vecchia data, abbiamo altrettanta freschezza di stima e di rispetto?

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Appena nel fanciullo la ragione si risveglia conviene mostrargli Dio che dal giorno del suo Battesimo dormiva nella sua anima – o meglio, vi attendeva il destarsi delle sue facoltà – e insegnargli a riconoscere questo portento, a valersene e a viverne. Più tardi avrà molte altre cose da fare! Farà un po’ come tutti: l’essenziale non lo interesserà più.

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Valetevi con i fanciulli della preziosa loro prerogativa. Di aver un cuore nuovo e una mente spontaneamente aperta al divino.

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Dio vive in me…? Non è possibile! Sarebbe cosa troppo bella! – Eppure è così!

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Nella preghiera sublime, che rivolse al Padre celeste sul finire del’ultima cena con gli Apostoli, Gesù domanda: "che siano tutti uno come sei tu in me, Padre, e io in te… Io in essi e tu in me… e l’amore col quale mi hai amato (lo Spirito Santo) sia in essi e io in loro." E ancora più chiaramente aveva detto poco prima: "Chi mi ama (vive in grazia di Dio)… e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e staremo presso di lui (noi, la Trinità Divina)" Grazie a questa dimora di Dio in noi, dice San Pietro, noi diventiamo "divinae consortes naturae, partecipi della divina natura. Non possiamo desiderare testimonianze più chiare.

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S. Giovanni ci chiama "figliuoli di Dio", "filios Dei fieri". Per la creazione, servi. Il servo è nella famiglia, non della famiglia. Per il battesimo, "naturalizzati divini". – Già figli d’ira ci "diede potere di diventar figliuoli di Dio" nostro Padre. E questa adozione non è già effetto di una conversione giuridica che conferisca soltanto comunità di diritti, ma vi aggiunge comunanza di sangue.

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Tempio di Dio, templum Dei. – Dio risiede in noi. "Io sono colui che è, e tu sei colei che non è", diceva un giorno Gesù a una Santa. Ecco la grazia nell’anima nostra: "Colui che è, fa la sua dimora nel cuore di colei che non è".

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Pieno di meraviglia per un favore così segnalato, S. Gerolamo scriveva alla vergine Eustochio: "Noi cristiani dovremmo vibrare d’un immenso e santo orgoglio. Disce sanctam superbiam". – Facciamo così anche noi?

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Le nostre relazioni con l’Ospite divino dell’anima nostra sarebbero ben diverse quando conoscessimo la forza di queste parole d’un filosofo cristiano: "Trattate l’infinito non come una cosa, ma come una persona".

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La parola "grazia santificante" che suggerisce alla maggior parte dei cristiani? L’idea d’un mondo oscuro, irreale, impreciso… Anche qui, come accade sovente, siamo vittime della parola astratta. – La grazia non è soltanto qualche cosa, ma è qualcuno.

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Dio, eterno, immenso. Se questo Dio, per mia buona sorte, avesse preso ad amarmi tanto da volermi far parte di quanto costituisce la sua vita… Se Egli avesse detto: "Ecco… io l’amerò come un figlio"… Se fosse vero ciò che dice San Paolo: "Egli mi ha predestinato ad esser suo figlio, in adoptionem filiorum"! Si, Dio mi ha amato tanto, che tutto si è verificato. – San Paolo ha ragione: "è veramente troppo: propter nimiam charitatem".

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"Deus cordis mei. Iddio è il Dio del mio cuore". E’ questa la più tenera definizione dell’Altissimo; definizione che ci presenta così vicino Colui che è così lontano da noi.

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Il possessivo della frase che ci è familiare: "Dio mio, Dio mio!" quanta pienezza di senso non racchiude! Un Dio mio, un Dio per me; un Dio che mi possiede, è vero, egli è Dio; ma che io pure posseggo e quindi è mio.

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Diò è presente in ogni luogo, presenza necessaria e universale. Dio è presente in noi con la sua grazia, presenza affettuosa, presenza di privilegio.

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"Tu sei il tempio del Signore, dice al cristiano S. Agostino, che puoi desiderare di più e di meglio?"

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Accostando l’orecchio ad una conchiglia mi par di udirvi mugghiare l’oceano. – Semplice illusione. Se io ascolto il palpito del mio cuore, vi sento palpitare l’oceano della Vita. Realtà, la più positiva delle realtà.

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S. Giovanni posa il suo capo sul Cuore di Gesù! … Non invidiamo tanta predilezione. E quest’altra: Lo Spirito Santo dentro al mio cuore! Questa predilezione è per me!

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Lo Spirito Santo: la realtà tutta insieme altissima – "donum Dei Altissimi" – e la più nostra – "dulcis hospes animae". – Realtà, che io posso ugualmente trovare sia elevandomi fino agli splendori ineffabili della divinità, sia discendendo fino alle profondità silenziose del mio essere divinizzato.

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Quando si dice: lo Spirito Santo abita nelle anime dei giusti, non si intende significare che la Terza Persona vi si trovi tutta sola: con Essa abbiamo sempre ugualmente presenti il Padre ed il Figliuolo. Questa abitazione si attribuisce allo Spirito di Amore, perché è essenzialmente opera dell’Amore.

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Ho la devozione al mio Battesimo, alla mia Cresima, alla festa della SS. Trinità, punto culminante della vita cristiana, allo Spirito Santo, al Gloria Patri, che è l’invocazione più completa della preghiera cristiana? Se sì, eccomi sulla scia dei grandi amici di Dio. Se no, perché limitare i miei orizzonti?

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A S. Alfonso Rodriguez, il Signore fece vedere un giorno la SS. Trinità nell’anima del generoso apostolo S. Pietro Claver. Forse il Signore volle con questo ringraziare l’umile portinaio del Collegio di Maiorca la cui prima aspirazione al cominciar del giorno fu sempre: "Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo".

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Chi si accosta alla S. Comunione riceve dentro di sé il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo: e noi ne facciamo le meraviglie. Però questo SS. Corpo non rimane in noi che il tempo troppo breve che vi si conservano le sante specie. Colui che vive in grazia di Dio possiede la divinità del Padre, del verbo e dello Spirito Santo non per un quarto d’ora, ma per quanto tempo vuole e anche per sempre se vuole. E’ forse cosa di minor conto il ricevere, e senza limite di tempo, la divinità del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, che il ricevere, e in modo che necessariamente non può durare a lungo, la Sacralissima Umanità del verbo incarnato?

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Ciò nulla toglie alla felicità di una Santa Comunione, ma ci aiuta in maniera singolare a stimare la felicità di vivere in istato di grazia.

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Si dirà: "E allora perché ancora la Comunione, se già possediamo Dio presente in noi per mezzo della grazia santificante?". Perché Iddio vuole esaurire i modi di darsi a noi e le nostre possibilità di riceverlo. - Egli è Dio e come Dio ci si darà nel Battesimo. L’Eucaristia completerà il dono, dandoci l’Uomo-Dio. - Noi abbiamo un’anima: ci potremo unire a Lui in modo spirituale, ecco la grazia santificante. Noi abbiamo un corpo: ci potremo ancora unire a lui in modo sensibile: ecco la Comunione.

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Come Sacramento dei "vivi", l’Eucaristia esige la "grazia santificante", cioè Dio già presente in noi. Soltanto un Dio può accogliere in noi degnamente l’Uomo-Dio. Per ben due volte il Maestro si degnò di spiegare Egli stesso questa verità a S. Angela da Foligno: "Io son cosa tua; se tu mi ricevi, accogli Colui che già possiedi. Dunque, accostati alla S. Comunione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Io, che ne son degno, te ne farò degna a tua volta."

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Qual sorta di unione con noi non ha saputo escogitare Gesù? Non ancora contento di averci incorporati a sé nel giorno del Santo Battesimo, vuole inoltre – e non solo misticamente, ma fisicamente – incorporarsi a noi ogni volta che andiamo a ricevere il pane vivo.

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Di fatto, la Comunione non esiste se non perché esiste lo stato di grazia. Essendo il soprannaturale una vita, era conveniente che gli si preparasse alimento proporzionato.

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Pensate a questo: l’uomo per ragione della sua elevazione soprannaturale è così grande che gli è necessario come cibo che lo sostenti in vita niente meno che il Corpo del Figlio di Dio.

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Destinato ad unirmi un giorno con la Divinità senza veli, io faccio qui le prime prove unendomi alla Divinità nascosta sotto i veli eucaristici. Il Signore ha preparato le varie tappe del cammino. Unirmi col Dio-Uomo; ecco la comunione eucaristica. Unirmi immediatamente a Dio, ma nascosto: ecco la grazia santificante. Unirmi a Dio svelatoche si mostra faccia a faccia: ecco il Cielo.

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Altro vantaggio della S. Comunione indicato dallo stesso nostro Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui". Egli viene come Uomo-Dio per breve tempo per più sicuramente poter restarci come Dio perpetuamente. L’Eucaristia è il Sacramento per eccellenza destinato a consacrare, mantenere, sviluppare e rallegrare la vita soprannaturale, la vita dei "Tre" nell’anima nostra. La S. Comunione mezzo per eccellenza datoci per giungere alla unione.

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Perché possiamo essere intimi con Dio è necessario che Egli ci sia presente – e presente non dall’alto e da lontano, ma al medesimo piano e molto vicino a noi. Questo e non altro è lo stato di grazia.

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Iddio parla a Mosè dal roveto ardente. Non cerchiamo qui l’intimità. Il Signore s’impone dall’alto, la sua grandezza incute spavento e Mosè è prostrato nella polvere. Iddio si presenta all’anima nel centro del cuore. Un ostacolo c’è qui all’intimità? Dio non è più troppo alto e la sua grandezza è interamente nascosta. – E l’uomo invece non esulta di riconoscenza.

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Intimo indica uno che possiamo avvicinare senza timore, incontrare senza difficoltà, a cui possiamo parlare con tutta libertà e tutte le volte che vogliamo.

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Possiamo dunque essere intimi con Dio?... Che attendiamo per diventarlo?

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Ma Dio in me è invisibile. – Certo. E che conchiuderne? Che invisibile sia sinonimo di inesistente?

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Anche le cose che non si vedono hanno la loro luce.

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Abbiamo parlato di Mosè: imitiamolo: "Invisibilem tamquam videns". Egli trattava coll’Invisibile come se lo vedesse.

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Se togliamo dal mondo le cose invisibili – quelle sole che realmente hanno valore – tutto il resto vale ben poco.

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Si direbbe giunto il tempo, in cui la grande verità dell’incorporazione dei fedeli con Gesù Cristo, la quale tiene già un posto così eminente nella dottrina apostolica, finirà con l’entrar a prendere una parte non meno importante nell’insegnamento dei dottori e dei fedeli, nella teologia e nel catechismo: in cui non si stimerà più come un semplice accessorio un punto di dottrina sul quale S. Paolo fonda tutti i suoi insegnamenti dogmatici e morali, donde tutto deduci e a cui tutto riduce: si finirà col capire che l’unione presentataci dal divin Salvatore sotto la figura dell’unione del tronco della vite con i tralci non è vuota metafora, ma una realtà: che per mezzo del S. Battesimo siamo fatti realmente partecipi della vita di Gesù Cristo; che riceviamo dentro di noi non in figura, ma in realtà, lo Spirito Santo, il quale è il principio di questa vita; e che, senza affatto spogliarci della nostra personalità umana, diventiamo membri d’un corpo divino, partecipando così alla forza e ai destini di Dio. P. Ramière - Les Esperances de l’Eglise, 3° p., c. IV, § 2.

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